E' online la prima parte di un'intervista sul documentario Indian Flow, rilasciata dal regista Giuseppe Petruzzellis al blog Cinemio...
Giuseppe, com’è nata l’idea del film?
Da molto tempo desideravo conoscere da vicino vari aspetti della realtà indiana e avevo pensato di legare questa esplorazione alla realizzazione di un documentario. Già in altri casi l’obiettivo della telecamera mi aveva aiutato ad avvicinarmi a situazioni altrimenti difficili da capire se osservate soltanto dall’esterno.
In questo caso avevo fatto delle ricerche sul rapporto tra gli indiani e il Gange e mi sembrava che questa pista fosse ricca di spunti di riflessione. Per gli induisti il Gange non è solo un fiume: è una divinità femminile che chiamano Madre Ganga. La religione induista conserva un legame quasi ancestrale con gli elementi naturali, ma questa forma di rispetto per l’ambiente è stata completamente stravolta dal progresso socioeconomico.
Oggi il Gange è uno dei fiumi più inquinati al mondo, e questo è soltanto uno degli effetti nefasti di uno sviluppo industriale selvaggio che ha danneggiato in vari modi l’ecosistema del subcontinente indiano. Volevo quindi capire dal di dentro le caratteristiche di questo rapporto quasi paradossale tra modernità e tradizione e avevo pensato di realizzare un documentario di taglio ambientale. Poi, una volta arrivato in India le cose sono andate diversamente…
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